giovedì 22 febbraio 2018

Un viaggio nel tempo attraverso le testimonianze di Lecce ebraica




di Baccaro Stefano, Caracciolo Maria, Renna Raffaele, Sanfelice Matias (plesso "G. Abbate") 

Tutor Prof.ssa B. Pecere 


Mercoledì 31 gennaio 2018, le classi seconde della Scuola Secondaria di Primo Grado Gennaro Abbate hanno partecipato all’uscita didattica tenutasi a Lecce sul tema della "Lecce ebraica". Alle 8:15 abbiamo iniziato la lezione di storia sul pullman e alle 8:30 siamo arrivati a Lecce dove ci siamo incontrati con le nostre guide: Lara per la classe 2 A e Gabriella per le classi 2 C e 2 E. 

Il nostro percorso è iniziato con la visita del Castello di Carlo V (1519-1556). Le guide, facendo tappa davanti alla “Fontana dell’armonia”, costruita per volontà di Mussolini nell’anno 1927 per celebrare l’arrivo a Lecce dell’acquedotto Pugliese, ci hanno spiegato che nel XVI secolo, al posto della fontana, vi era un grande fossato, fatto costruire dall’Imperatore Carlo V per meglio difendere la fortezza e la città dagli attacchi dei nemici durante l’epoca Rinascimentale. Le mura aragonesi, ben visibili dall’esterno, e i torrioni a forma di punta “lanceolata”, posti agli angoli della struttura, avevano lo scopo di resistere agli attacchi dei cannoni. Le mura, infatti, erano spesse ben 10 m e i bastioni cinquecenteschi si differenziano delle torri circolari che caratterizzavano il Castello nell’epoca medievale, più deboli per la presenza del cosiddetto “angolo morto”. 

Successivamente si siamo recati sul lato posteriore del Castello per vedere la “Porta Falsa”, da poco inaugurata, sovrastata dallo stemma di Carlo V, riconoscibile grazie all’aquila bicipite. Questo stemma è presente anche su “Porta Napoli” (chiamata così perché da lì partiva la strada che portava a Napoli), Arco di Trionfo realizzato dall’IMPERATORE per celebrare la grandezza del suo Impero. 

Ai lati della porta falsa vi erano delle fessure che servivano a inserire i meccanismi per il funzionamento del ponte (per oltrepassare il fossato). 

Le guide ci hanno spiegato che il Castello è suddiviso in due parti: la parte esterna con mura più spesse e la parte più interna con mura meno possenti, entrambe costruite in pietra leccese (pietra talmente tenera da lavorare che nelle prigioni del Castello, oggi ristrutturate e fruibili al pubblico, sono ancora visibili le scritte realizzate dai detenuti). 

Lungo il lato est delle fortificazioni, quello che si affacciava verso l’esterno della città cinquecentesca, erano collocati i bastioni lanceolati più grandi, quello di San Martino e di S. Giacomo. Questi bastioni erano più grandi perché, essendo collocati all’esterno della città, dovevano contrastare gli attacchi dei nemici. Lungo il lato ovest erano collocati i bastioni di S. Trinità e di S. Croce, più piccoli perché dalla parte della città non arrivavano mai avversari, a differenza che dalla campagna. 



Ma Lecce si è trasformata nel tempo e oggi, di fronte al bastione di Santa Croce, è possibile vedere il teatro Apollo, risalente al 1912 e recentemente ristrutturato e inaugurato dal presidente Mattarella. Siccome il teatro si trovava dove prima c’era il fossato, durante i restauri sono state ritrovate delle tombe risalenti al 1500! 

Subito dopo siamo entrati nel Castello e ci siamo soffermati sulla storia della fortezza. La guide ci hanno spiegato che Carlo V in realtà non è mai stato a Lecce, ma che fece costruire il Castello perché si preoccupò di difendere la città dagli attacchi dei Turchi, incaricando della costruzione dell’edificio l’architetto Giangiacomo Dell’Acaya, specializzato nell’arte militare. 

All’interno abbiamo visitato la sala del trono, nella quale si tenevano feste e banchetti. Nel Castello non ci sono più i mobili antichi, né gli arredi. Ciò che resta è lo stemma del vicerè Pietro de Toledo, che campeggia al centro della volta della Sala Maria d’Enghien. Grazie alla linea del tempo raffigurata in un’altra sala abbiamo potuto capire la storia del Castello dal 1150 fino ai giorni nostri. Durante il secolo scorso il Castello è stato infatti anche usato come caserma militare. 

Alla visita del Castello è seguita quella del “Sedile” o “Palazzo del Seggio”, maestoso edificio aperto su Piazza S. Oronzo. Costruito verso la metà del ‘500 e destinato a rivestire un ruolo di rappresentanza della città è suddiviso su due piani e decorata con affreschi sulla vita di Carlo V. In principio il Sedile fu il magazzino per le munizioni della città, nel corso del tempo divenne sede del Municipio, fino al 1851. A ridosso tra Ottocento e Novecento fu sede del Museo Civico. Oggi il Palazzo del Seggio è uno spazio culturale destinato alle mostre. 

Da Piazza Sant’Oronzo è iniziato il percorso della Lecce ebraica. Le guide ci hanno spiegato che le prime testimonianze certe della presenza degli ebrei a Lecce risalgono al 1359. In questa data, infatti, fu imposto un dazio in base al quale (“sive christianus sive iudeus”) sia i cristiani, che gli ebrei, dovevano pagare una tassa per il consumo della carne. La maggior parte degli ebrei in città era concentrata nella giudecca, quartiere vicino alla Basilica di “Santa Croce”, dove all’epoca sorgeva la sinagoga, distrutta dai tumulti scoppiati in città in epoca rinascimentale per opera dei cristiani ed inizialmente sostituita con la Chiesa dell’Annunziata, oggi non più esistente, della quale rimangono solo alcune testimonianze architettoniche inglobate nell’attuale Palazzo Personè. Nel 1473, Maria D’Enghien, contessa di Lecce, stabilì che tutti gli ebrei della città dovessero essere contraddistinti dalla cosiddetta “rotella rossa“. Tale obbligo culminò con l’editto di Carlo V, datato 1541, nel quale si stabiliva che tutti gli ebrei avrebbero dovuto lasciare il Regno di Napoli. Così vennero mandati via dalle loro giudecche e quindi anche dalla Piazza Dei Mercati (Piazza Sant’Oronzo). Da quel momento si è operata una DAMNATIO MEMORIA (cancellazione della memoria) di tutte le loro testimonianze. 

La visita è proseguita a Palazzo Taurino, oggi diventato un museo ebraico. Qui è possibile vedere i resti delle vasche per la purificazione, bagno rituale che gli ebrei fanno almeno una volta nella vita. Al piano superiore del Palazzo, che sorge nell’area dell’antica sinagoga ebraica, abbiamo visto il vano della Mezuzah, un piccolo contenitore di legno o metallico in cui era custodita una pergamena su cui erano scritti i versi della Torah. 

Successivamente siamo entrati nella Chiesa di Santa Croce e abbiamo potuto ammirare il suo particolare soffitto e un quadro che raffigurava Sant’Oronzo mentre aiutava il suo popolo. 

Subito dopo, come ultima tappa, siamo andati in via Abramo Balmes e in Via della Sinagoga che furono intitolate a ricordo dell’antico tempio ebraico e della giudecca nel 1871. Abramo Balmes (chiamato Marrano perché si convertì in un’altra religione) fu il medico personale del principe, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, e in seguito del re di Napoli Ferrante I. Durante le sommosse scoppiate in città nel 1495, in seguito all’entrata di Carlo VIII a Napoli, le cronache narrano di un fatto riguardante la figlia di Abramo, di nome Benedetta. Si racconta che la donna, insieme agli altri ebrei leccesi, si fosse rifugiata all’interno del Castello. Avendo visto tra i saccheggiatori un caro amico, gli affidò un sacchetto d’oro, perle e altre gioie perché lo custodisse con la promessa di una ricompensa. Ma, calmata la sommossa, l’amico si rifiutò di restituire il prezioso bottino. Qualche giorno dopo i cristiani invasero nuovamente la giudecca al grido “Muoiano, muoiano i giudei o si facciano cristiani”. Pur di aver salva la vita molti giudei che erano riusciti a fuggire o a nascondersi, si fecero cristiani, compreso il figlio Mosè. La comunità ebraica di Lecce tuttavia si impoverì e fu ridotta a un ruolo marginale nella vita cittadina; altri ebrei lasciarono la città. 

Prima di ritornare a casa abbiamo fatto una foto di fronte a Porta Napoli per ricordare questa magnifica esperienza vissuta.


Fotogallery





















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